La differenza è cruciale. Limitarsi ad esprimere il proprio punto di vista non è più una forma adeguata di comunicazione. Questo perchè oramai le persone sono cambiate, e sono abituate ad interpellare e a manifestare le proprie opinioni attraverso canali telematici sempre più complessi.
Anzi, le persone vogliono poter esprimere le proprie opinioni, e si aspettano che queste vengano prese in considerazione.
Può dunque un brand permettersi una comunicazione a senso unico ? Ovviamente no. (Per inciso, se sostituite a "brand" il termine "movimento politico" troverete nel recente passato esempi eclatanti).
Fino a poco tempo fà, l'alibi digitale per i vari brand era costituita dalla così detta "presenza" sui social network (proprio così, qualcuno dice "presenza", cosa di per se sufficientemente autoesplicativa).
Essere presenti, avere la propria vetrina, avere "gratis" un supporto entro il quale i nostri fan possono incontrarsi e scambiarsi opinioni, pagando il prezzo di consegnare questi fan (e il loro profilo) ad un'altra organizzazione, che può rivenderli a chiunque, anche ai nostri concorrenti. Qualcuno continua a considerarlo un buon affare.
In realtà, la brand experience si crea all'interno dei propri media, con i propri canali, e con la capacità di interagire in un dialogo one-to-one con i propri interlocutori. I social network sono, semmai, l'appendice di questo elemento, sono l'area da cui attingere nuovi interlocutori da conquistare con i nostri contenuti a casa nostra.
E' quindi importante, per qualsiasi brand, e quindi per qualsiasi Marketing Director, attrezzarsi per compiere il salto culturale (e tecnologico) che si rende necessario. Ed è importante farlo quanto prima, destinando magari qualche euro del budget utilizzato nelle tradizionali (e costose) iniziative "above the line" a questo obiettivo.
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