mercoledì 21 dicembre 2016

La riscossa della piccola distribuzione

Tra centri commerciali e grandi catene, per i singoli negozi è indispensabile difendere la propria clientela. E si può fare.

 

L’accerchiamento mediatico a cui la grande distribuzione ci sottopone, sembra chiudere ogni spazio all'iniziativa del piccolo commercio che non può avvalersi di un dispiegamento di mezzi altrettanto imponente. La posta in gioco è effettivamente alta: per il singolo negozio spesso è questione di sopravvivenza.

E allora come risponde il piccolo commercio ? Il problema è che raramente le risposte sono adeguate al problema: “Il commerciante“ mi diceva il presidente di un'associazione cittadina di negozianti “esprime il suo disagio con la protesta, per esempio postando sulla propria pagina facebook la foto di sacchi di immondizia” …

Non so cosa ne pensiate voi. A me la protesta fine a se stessa non sembra utile alla soluzione del problema, in tempi ormai improntati alla progressiva deregulation.

Eppure una risposta esiste, come dimostra una ricerca di Colloquy, che mostra come negli Stati Uniti (ma il parallelo vale, con le dovute proporzioni, anche nel nostro mercato) e’ di oltre 3 miliardi il valore dei buoni fedeltà posseduti dai risparmiatori, e in uno studio di rosetta consulting si evidenzia come i consumatori premiati e coinvolti in maniera attiva nei programmi fedeltà hanno una frequenza di spesa superiore del 90% alla media, e la loro spesa annua è tre volte quella dei consumatori non coinvolti.

Quindi la chiave è quella di creare programmi fedeltà “attivi”, in grado di coinvolgere, e non solo di premiare, il cliente. Questa consapevolezza, ormai diffusa a livello di GDO, non è ancora stata metabolizzata da gran parte della piccola distribuzione, che si trova a nuotare in uno stagno che si sta’ rapidamente prosciugando. Molti negozi hanno programmi fedeltà, spesso fatti da tesserine di cartone e da timbri o da codici a barre letti in cassa. E tutte sono destinate inevitabilmente al macero, visto il numero di quelle circolanti.

Questi sistemi infatti, non contengono tutti gli ingredienti necessari per massimizzare i risultati dal momento che si riducono a carte fedeltà completamente mute e passive. Tuttavia gli sviluppi tecnologici e l’avvento di soluzioni in cloud, permettono anche alla piccola distribuzione di dotarsi di strumenti e meccanismi per rispondere con la stessa efficacia alle iniziative dei big.

Grazie a questi sistemi, il negoziante decide come deve funzionare il proprio programma fedeltà in termini di condizioni di acquisizione e riscatto punti, ed inizia a ingaggiare il cliente con l’invio di messaggi sui diversi canali ad ogni evento d’acquisto, all’approssimarsi di scadenze o al verificarsi di iniziative promozionali. È tutto senza bisogno di aggiungere la propria carta in fondo al mazzo, ricorrendo ad un codice di facile memorizzazione.
Con questa modalità il singolo negozio risponde alla GDO, e può far pesare rispetto a questa il vantaggio dell'esperienza, della competenza e del rapporto umano con la propria clientela.

Il piccolo commercio può vincere la battaglia per la propria sopravvivenza, ma solo a patto che inizi a rispondere in modo adeguato, facendo evolvere i propri sistemi di fidelizzazione a sistemi di nuova generazione, senza contare sulla protesta o sull’intervento delle autorità che non potrebbe in ogni caso risolvere il problema.

Scommettiamo che anche stavolta Davide vincerà Golia ?

giovedì 24 marzo 2016

Recuperare la relazione nel momento dell'abbandono

Chi pensasse ad un consiglio da rubrica per cuori solitari ha sbagliato : non stiamo parlando di una
"liaison amoureuse" alle battute finali (anche perchè di consigli in questo ambito avremmo bisogno anche noi per cui, come dire, chiedete a qualcun altro).

La relazione di cui stiamo parlando e' quella che lega voi ai vostri clienti, e l'abbandono su cui ci stiamo concentrando è quello della disiscrizione.

Si sa che capita. Che siate più o meno attenti e in grado di fare una comunicazione pertinente, capita che qualcuno dei vostri sottoscrittori decida di avvalersi della facoltà di revocare l'autorizzazione a ricevere messaggi commerciali.

Eppure anche questo evento, che, se vogliamo rappresenta una sconfitta, può essere utilizzato per migliorare e per recuperare il grado di fiducia che, almeno a giudicare dal contesto in cui avviene, appare compromesso.

Ciò che ci piacerebbe sapere e' perché il quasi nostro ex sottoscrittore ha deciso di abbandonarci.

Perché non chiederglielo ? Questa semplice ed umana reazione ha un duplice beneficio:


  1. Dimostra il nostro interesse nelle opinioni del nostro interlocutore : se tra i motivi dell'abbandono c'è l'aver dato una impressione di scarsa considerazione degli interessi e delle esigenze del nostro sottoscrittore, una iniziativa come questa potrebbe addirittura far riconsiderare la disiscrizione al nostro interlocutore;
  2. Ci da l'opportunità di capire quali sono le ragioni che portano alla perdita dei contatti e ci permette di modificare i nostri contenuti e le nostre modalità di esecuzione in modo da prevenire sempre di più l'abbandono.

La comprensione dei motivi che più frequentemente portano all'abbandono da parte di un cliente, e la eventuale correlazione di questi con il profilo comportamentale ed anagrafico dello stesso, ci permette di implementare un percorso di miglioramento che ci permette di migliorare la performance (in termini di riduzione della percentuale di abbandono) in brevissimo tempo, andando a correggere gli aspetti della comunicazione che risultano maggiormente "urticanti" per la nostra audience.

In ogni caso, quando la disiscrizione dovesse essere portata a compimento, nella pagina finale di ringraziamento si può giocare in extremis un'altra carta, per evitare la perdita di ogni legame diretto con l'interlocutore, suggerendogli di continuare a seguire il brand attraverso i social network sui quali il brand è presente. Un rimando alla propria pagina facebook, twitter o instagram può in alcuni casi recuperare un link che altrimenti sarebbe perduto.

venerdì 8 gennaio 2016

Un mare di carte Loyalty ci seppellirà ?

Non so voi, ma la quantità di carte Loyalty che mi trovo a possedere ha oramai superato i livelli di
guardia: ogni negozio o catena mi propone la propria carta e spesso, se il negozio è in franchising, in aggiunta alla carta loyalty del franchisor il proprietario implementa (giustamente) il proprio sistema di rewarding fatto da cartoncini prestampati su cui apporre dei timbri. Una raccolta di bollini modello supermarket.

La cosa non può sorprenderci. In un sistema estremamente competitivo quale quello del retail, la fidelizzazione della propria clientela è un elemento che ogni retailer, grande o piccolo che sia, sa essere essenziale.

Questa esigenza oltre ad essere ben chiara a tutti i retailer, è ben compresa dai vendor di sistemi di cassa che aggiungono al loro portfolio di prodotti il loro "programma" di raccolta punti integrato, con tanto di tessera loyalty.

Non so voi, ma spesso difronte alla cassiera di un negozio che mi chiede se ho già la carta fedeltà, mi è capitato di non saper rispondere: l'ho già sottoscritta oppure no ? Il fatto è che molte di queste carte non le porto neppure con me, un po' per motivi di spazio e un po' perchè mi sono dimenticato dove le ho messe. E molto spesso perchè mi sono scordato pure di averle quelle carte. Allora se questa è la realtà, quanto quelle carte hanno influito sulla vostra fidelizzazione ? Ovviamente zero.

Di fronte a questo problema qualche retailer cerca di aggiungere alle proprie modalità di ingaggio anche l'oramai "classica" app da scaricare sui telefonini. Qualcuno la propone in sostituzione delle carte mentre altri semplicemente (?) la danno in aggiunta.
Anche qui però siamo difronte al problema della saturazione: un recente studio di nielsen infatti mostra come il numero medio di app utilizzate in un mese rimanga sostanzialmente stabile nonostante l'incremento del numero di app disponibili, e come la gran parte di queste sia comunque relativa ad applicazioni social, di messaging o di gaming & entertainment. Oltre il 70% dell'utilizzo delle app è monopolizzato dalle 200 più popolari.

Oltre a questo problema c'è poi quello che potremmo definire della "non universalità", nel senso che una parte più o meno rilevante del parco clienti, per motivi anagrafici o culturali, non usa le app o utilizza solo un insieme ridottissimo di app (spesso limitandosi a quelle preinstallate).
Inoltre, proprio a causa dell'elevatissimo numero di app disponibili, anche coloro che sono propensi all'utilizzo di app risultano comunque estremamente selettivi nella scelta di quali app installare, per cui difficilmente saranno incentivati ad utilizzare app povere di funzionalità o che comunque non sono in grado di garantire un engagement personalizzato, pertinente e, perchè no, anche ludico.

Non so voi, ma il mio parere difronte a questi fatti è che molti di questi sistemi siano fatalmente destinati alla irrilevanza: lo sono perché il loro moltiplicarsi annulla l'efficacia della singola iniziativa, che si perde nel mare delle altre, e lo sono perché l'apporto di customer experience che offrono, che viene oramai riconosciuta come l'ingrediente principale di ogni programma Loyalty che funzioni, è troppo basso.

Il punto debole di molti di questi programmi loyalty stà proprio nella loro scarsa capacità di convolgere il cliente, cioè di attirare la sua attenzione nel momento giusto con il messaggio giusto e con il canale giusto. Rinunciare a questo elemento vuol dire aggiungere la vostra carta in fondo ad un mazzo che ne contiene già troppe .